Una riflessione sul perché la manifestazione per l’Europa convocata da Michele Serra per il 15 marzo prossimo, attraverso il quotidiano Repubblica, è una manifestazione padronale, con molte insidie mistificatorie. E perché forse, per capire come reagire, è utile uscire dalla dicotomia guerra-pace per entrare più coraggiosamente nel merito della vera urgenza del tempo: rispondere all’autoritarismo imperialistico che negli Stati Uniti e in Europa vive un’accelerazione più pericolosa che mai, anche grazie al sostegno alle politiche genocidarie di Israele.

Abbiamo più che mai bisogno di ripoliticizzare la società e noi stessi.

Per chi preferisce leggere, ecco la trascrizione della parte saliente dell’intervento video.

Ciò su cui volevo ragionare è provare a capire, nella situazione così angosciosa che si è sviluppata in seguito all’incontro tra Trump, J. D. Vance e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che cosa sta succedendo e cosa possiamo dire? Cosa possiamo dire e cosa possiamo fare per esercitare una sana partecipazione democratica in questo momento? Che non sia soltanto il commentario frustrante e impotente sui social media? Come tutti sappiamo, è stata indotta una manifestazione per il prossimo 15 Marzo per l’Europa attraverso i canali di Repubblica. Repubblica, giornale di proprietà degli Elkann che da tanto tempo non è più un organo della sinistra in questo Paese e semmai si configura sempre più organicamente come un organo del padronato. Penso che la manifestazione del 15 Marzo lanciata, diciamo così, in maniera forse anche un po’ ingenua da Michele Serra, perché poi lui stesso si è un po’, diciamo così, autocriticato o è tornato un po’ indietro sui suoi passi rispetto alle visioni di Europa che ha proposto, sia una manifestazione padronale; padronale, espressione della volontà, innanzitutto di un’élite, di spaccare la possibilità di una ricostruzione unitaria dell’opposizione in questo Paese. Repubblica è impegnata in questa operazione da molto tempo, non certo da ora.

Quello che sta accadendo in Europa, e quello che vediamo accadere anche in Italia, è qualcosa che appunto ci dovrebbe spingere in qualche modo a uscire dalla dicotomia guerra e pace, perché quello che sta accadendo è una volontà, a mio avviso chiaramente una volontà di incrementare fortemente l’autoritarismo al potere da parte della tecnocrazia europea capitalistica, che sempre di più sta approfittando della congiuntura attuale per trasformarsi a sua volta in oligarchia. Penso che dobbiamo uscire dalla dicotomia guerra o pace perché dobbiamo provare a capire che non siamo più nel mondo delle sfere di influenza così care alla geopolitica nella misura in cui esiste una, chiamiamola così, tendenza imperialistica autoritaria globale che si sta sviluppando in modo molto simile all’interno delle diverse realtà politiche. Una tendenza all’autoritarismo negli Stati Uniti, una tendenza avviatissima all’autoritarismo nella Russia di Putin, a sua volta molto avviata e in maniera molto differente nella Cina di Xi Jinping e che lasciamo un attimo da parte, molto spiccata, molto pericolosa in Europa, a partire dallo schieramento malefico, malefico e mefitico che l’intera élite europea al potere ha espresso nei confronti della della politica genocida dell’Israele dell’apartheid, del suprematismo sionista, in questo ultimo anno e mezzo. Questa Europa imperialistica sempre più autoritaria si sta in questo decidendo di armare per una guerra, francamente non credo poi così probabile, almeno nel breve periodo, nei confronti della Russia di Putin. Ma in realtà della Russia di Putin condivide tutti i presupposti. Ne condivide i presupposti, autoritari, autocratici, capitalistici, neoliberistici, e a questi ci dobbiamo contrapporre. Come? Attraverso la partecipazione democratica, ovvero prepariamoci a essere presenti anche nelle piazze, se lo riteniamo, ma a portare avanti un’idea di Europa che non è in nessun modo quella critica propugnata dalla piazza del 15 Marzo. Non c’è nessun orgoglio europeo da difendere in quanto tale, perché l’Europa degli ultimi anni è un’Europa appunto delle classi dominanti, contro la gente comune, contro le classi popolari, contro gli immigrati, cioè contro i lavoratori, contro il proletariato, se così lo vogliamo chiamare. Dobbiamo trovare nuove parole, quelle della vecchia tradizione, del movimento operaio e della vecchia sinistra non sono più adeguate al presente, ma nel frattempo, mentre le cerchiamo, usiamo quelle che abbiamo a disposizione. Questa Europa non è minimamente la mia Europa, non è l’Europa dei popoli, non è l’Europa della gente comune. Abbiamo bisogno di provare a ricostruire quell’Europa, quella della gente comune contro l’elitarismo, l’autoritarismo e la violenza delle classi dominanti. Per questo motivo forse non è sufficiente dirsi pacifisti, perché se il pacifismo non è non è in grado di sviluppare uno schieramento netto con i popoli, ha poco da dire in questa fase. Il fatto che in tutti questi tre anni, a mio avviso, il movimento pacifista abbia avuto così tanta ritrosia a schierarsi in maniera netta con il popolo ucraino, che non significa affatto in maniera acritica nei confronti della presidenza di Zelensky, ma netta con il popolo ucraino, così come per molti versi lo è stato invece in maniera netta nei confronti del popolo palestinese – anche se lo schieramento nei confronti del popolo palestinese non è mai abbastanza –, questo è un problema, questo è un problema da risolvere. E lo possiamo risolvere come?
Attraverso l’esercizio della critica, ampliando lo spazio critico, lo spazio per la discussione. Abbiamo bisogno di aprire uno spazio critico in cui capire come prendere l’iniziativa, come mobilitarsi e come in qualche modo, contrapporre un’alternativa a questa Europa elitaria, autoritaria, capitalistica nel senso non tecnico della parola, perché il capitalismo non è un posizionamento tecnico, il capitalismo è un posizionamento di potere che si esercita sulle popolazioni. A questo scopo, una questione – se la vogliamo chiamare tattica, facciamolo – è particolarmente preziosa riguarda il fatto che dobbiamo appunto fermare ogni tentativo padronale di ostacolare la la costruzione di un’opposizione unitaria al Governo attuale. Penso che contrapporsi al governo Meloni in chiave unitaria sia quanto mai urgente, perché il governo Meloni è un’espressione totale del padronato, lo esprime in tutte le sue politiche, in tutte le sue politiche, ed è un’espressione totale della tendenza autoritaria del padronato in quest’epoca.

L’attacco al cuore dello Stato che sta portando l’autocrazia e l’oligarchia in tutto il mondo occidentale e non solo, è la questione del presente. L’autoritarismo di Putin ha fatto scuola. Il pacifismo secondo me ha mancato il compito storico di criticare l’autoritarismo, putiniano, criticarlo impietosamente. L’autoritarismo di Putin ha fatto scuola. Quello che vediamo ora negli Stati Uniti è un attacco al cuore dello Stato in chiave autocratica, persino autarchica da un punto di vista economico, che è direttamente mutuato dal modo in cui Putin ha in qualche modo conquistato il potere e mantenuto il potere nel corso di tutti questi anni in Russia, schiacciando completamente la società russa, che era in possibile via di ridemocratizzazione, e spoliticizzandola costantemente e continuamente attraverso l’autoritarismo. Questo è il rischio che corriamo, e già lo corriamo da tempo anche in Europa: la nostra società si sta gradualmente spoliticizzando per la via dell’autoritarismo, per la via della sottrazione di ogni spazio di partecipazione democratica, anche per causa nostra, perché abbiamo delegato la democrazia a una serie di organismi, a una serie di realtà che in qualche modo l’hanno conquistata, ma non l’hanno praticata. E questo vale per i partiti e per ii sindacati. In qualche modo abbiamo ceduto sovranità. Abbiamo bisogno di coltivare la critica e l’autocritica anche nei confronti della nostra stessa, diciamo così, posizione di cittadini e cittadine democratici, perché abbiamo ceduto gradualmente sovranità e invece la sovranità ci appartiene come diritto ma anche come dovere. Quindi proviamo a ragionare in termini di ripresa della sovranità democratica attraverso la partecipazione e a un percorso di riappropriazione delle lotte, in particolar modo per due per due scopi: costruire un’opposizione unitaria al governo Meloni, e costruire un’opposizione unitaria alle élite tecnocratiche europee.


Crediti foto: David Fernández, Flickr

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