L’Italia è un Paese antisemita? O meglio: poiché il termine Semiti indica tutti quei popoli che parlano, o hanno parlato un tempo, lingue del ceppo semitico, cioè gli Arabi, gli Ebrei, gli Aramei, gli Assiri, i Fenici e gli Abissini, la domanda corretta sarebbe se siamo un Paese che odia gli ebrei, dato che ormai è questo che nel linguaggio comune si intende quando si parla di antisemitismo.

In Europa, l’antisemitismo è una piaga antica, dalla cattolicissima Spagna alla Russia ortodossa. Molte volte e da molto prima dell’Olocausto nazifascista gli ebrei sono stati vittime di discriminazioni e persecuzioni e bisogna dire che il pregiudizio antisemita non è mai stato del tutto debellato e che anche dopo la massima infamia della Shoah non sono mancati negazionismi e – peggio – più o meno malcelati giustificazionismi. Tuttavia, è innegabile come, sin dalla sua nascita, i governanti dello Stato di Israele abbiano utilizzato l’accusa di antisemitismo come un randello contro chiunque avanzasse critiche nei confronti di quello che, in fin dei conti, dovrebbe essere uno Stato come gli altri, almeno di fronte alle regole del diritto internazionale e umanitario. Addirittura, quando – come spesso avviene – a criticare lo Stato di Israele sono altri ebrei, questi vengono definiti self haters, persone che odiano sé stesse.

Dopo il massacro del 7 ottobre, la politica di criminalizzazione del dissenso verso l’operato del governo fondamentalista di Benyamin Netanyahu ha toccato vette surreali, potendo contare sull’acquiescenza e la sostanziale complicità dei governi e di gran parte dei media mainstream dell’Occidente, compatti nell’adempiere alla nobile missione di minimizzare i crimini dello Stato di Israele e di difendere a spada tratta il suo “diritto alla difesa”, cosa che sarebbe anche condivisibile se questo “diritto” non contemplasse un genocidio come quello in atto nella Striscia di Gaza, la pulizia etnica nella West Bank, la distruttiva invasione del Libano e tutte le altre violenze quotidianamente, sistematicamente e impunemente commesse.

I monitoraggi reali
Nel nostro Paese, dall’ottobre 2023 non passa giorno che alle notizie strazianti che giungono da Gaza, dalla West Bank e dal Libano faccia da controcanto un coro di politici, giornalisti (si fa per dire) e cosiddetti opinionisti che lanciano grida di dolore per l’ondata di “crescente antisemitismo” che ci starebbe sommergendo. Per dimostrare quanto questa ondata sia sempre più minacciosa e travolgente, si citano i monitoraggi dell’Osservatorio antisemitismo del CDEC, Fondazione Centro Di Documentazione Ebraica Contemporanea, istituto storico culturale che promuove lo studio delle vicende storiche, della cultura e della realtà degli ebrei nel nostro Paese.

A sentire anche il Presidente Mattarella, da oltre un anno è in atto uno tsunami di antisemitismo, fatto di centinaia di episodi da un capo all’altro del territorio italiano… Ma le cose stanno proprio così? Davvero l’indignazione per le nefandezze commesse dallo Stato di Israele ci sta riportando ai periodi più oscuri ed esecrabili della nostra storia?

Se si impiega un po’ di tempo ad andare a leggere cosa ci dice l’Osservatorio antisemitismo, la realtà appare piuttosto diversa e, in un certo senso, anche più rassicurante.

I report dell’Osservatorio sono articolati in sezioni, ognuna delle quali informa di episodi di un certo tipo, dalle aggressioni fisiche ai graffiti. Ora, l’ondata antisemita conseguente al 7 ottobre 2023 ha visto in Italia, alla data del 22 gennaio 2025, nove (9) “aggressioni fisiche contro le persone”, nessuna delle quali ha portato a ferimenti degli aggrediti. Fra le “aggressioni fisiche contro le persone” vengono riportati episodi quali le contestazioni verbali (slogan e cori) nei confronti dello spezzone della Brigata Ebraica alla manifestazione del 25 aprile 2024 a Milano e le tensioni nella stessa giornata a Roma, dove a Porta San Paolo, nella mattinata, si fronteggiano – separati dalle forze dell’ordine – militanti della comunità ebraica romana e giovani sostenitori del popolo palestinese. Al termine delle manifestazioni, il solo ferito risulterà essere un operatore televisivo, peraltro colpito da un sasso lanciato dai militanti ebrei, come riporta, fra gli altri, la Stampa, in un articolo titolato enfaticamente “Due ore di guerra civile a Roma”. Infine, il 15 novembre, il sito dell’Osservatorio informa di un’altra aggressione avvenuta in una imprecisata località del Veneto, dove “due eleganti signore arabe” sputano addosso ad una donna che porta al collo un simbolo ebraico e poi si allontanano tranquillamente.

Quanto ai mass media, gli atti di antisemitismo registrati sono stati cinque (5), l’ultimo dei quali avvenuto l’11 marzo 2024, quando l’attore comico Massimo Ceccherini, in una trasmissione su Rai 1, parlando del film “Io Capitano” di Matteo Garrone, che lui ha contribuito a sceneggiare e che è stato candidato agli Oscar, ha detto “è il film della cinquina più bello solo che non vincerà perché vinceranno gli ebrei. Quelli vincono sempre”.

Contrariamente a quanto ci si può aspettare, dopo il 7 ottobre 2023 l’Osservatorio registra solo un (1) “atto di antisemitismo sul web”, consistente in una serie di video dal contenuto antisemita, titolata “Amalek”. I video, l’ultimo dei quali è stato messo on line nell’aprile 2024, sono pubblicati su Rumble.com, che è un sito statunitense e non si capisce bene cosa c’entri con l’Italia, salvo il fatto che, afferma l’Osservatorio, “gli originali sono statunitensi ma tradotti in lingua italiana”… dove siano apparse queste traduzioni italiane, non è dato sapere.

Un po’ più numerosi gli “atti di vandalismo” segnalati dall’Osservatorio, che sono stati quindici (15), ma va detto che fra questi atti vengono riportati fatti come questo, avvenuto a Milano nel novembre 2024: “Ignoto affigge all’interno di un ascensore di un palazzo abitato da alcune famiglie ebraiche un foglietto con la seguente scritta: «Il Papa! Ebrei = genocidio di bambini !!». Fra gli “atti vandalici” anche episodi ampiamente smentiti, ultimo dei quali il cosiddetto “attacco alla sede della Comunità ebraica” di Bologna del 12 gennaio 2025 che, secondo quanto scritto dalla rivista ebraica “Mosaico”, citata dall’Osservatorio, avrebbe seguito questa dinamica: “Nel corso delle proteste scoppiate in seguito alla morte avvenuta a Milano di Ramy Elgaml, un gruppo di manifestanti ha vandalizzato la Sinagoga di Bologna. Su un muro, è stato fatto ad esempio un graffito con scritto “Giustizia per Gaza”. Mentre davanti al numero civico della comunità ebraica locale, sono state scagliate bombe carta, razzi e mattoni”. Questo testo è stato pubblicato sul sito dell’Osservatorio lo stesso 12 gennaio, con la parte riguardante il lancio di “bombe carta, razzi e mattoni” linkata al sito dell’agenzia ADN Kronos. Quasi in tempo reale, la Questura di Bologna ha smentito qualsiasi vandalismo nei confronti della Sinagoga e, quanto al lancio di “bombe carta, razzi e mattoni”, è esistito solo nella fantasia di qualche sprovveduto redattore dell’ADN Kronos, tanto è vero che non se ne trova traccia in nessun altro organo di informazione. Insomma, come ha scritto il quotidiano L’Indipendente, “La storia dell’attacco alla sinagoga di Bologna è una bufala totale”, cosa che non ha impedito ad una folta schiera di politici (della destra al governo e della presunta opposizione) e opinionisti di gridare al gravissimo atto di antisemitismo e di continuare a farlo anche nei giorni successivi, quando l’evidenza della “bufala totale” era ormai palese. Naturalmente, l’Osservatorio sull’antisemitismo si è ben guardato dal rettificare il testo pubblicato.

Agitare un fantasma
I numeri parlano chiaro: anche alla luce degli episodi denunciati dall’Osservatorio, agitare continuamente lo spettro di una preoccupante diffusione dell’antisemitismo appare null’altro che una forzatura propagandistica. Quindi, la domanda da porsi è “perché”?

Perché una falange di politici, intellettuali, giornalisti e opinion makers batte e ribatte ossessivamente su un tasto tanto terroristico quanto fasullo? Le risposte sono molte e diverse. Andiamo dalla pervasività della propaganda ispirata direttamente dalle istituzioni israeliane (la tristemente nota “hasbara”), al tradizionale servilismo verso i potenti, un’attitudine cortigiana talmente radicata nella nostra sottocultura che spesso non ha nemmeno bisogno di input esterni, perché si adegua automaticamente, quasi fosse un riflesso condizionato, ai voleri di chi sta al potere, di chi muove le leve che determinano la vita, gli stipendi e le carriere.

L’aspetto più preoccupante di tutta questa vicenda consiste nella lesione profonda che sta provocando al tessuto democratico del nostro Paese. Dovrebbe essere impossibile rimanere indifferenti di fronte alla criminalizzazione delle manifestazioni di dissenso verso le imprese del governo israeliano e di solidarietà nei confronti del popolo palestinese, così come sono intollerabili le torsioni del linguaggio, a partire dal ritornello sul “diritto di Israele a difendersi”, quando non di difesa si tratta, ma di distruzione e dello sterminio di decine di migliaia di innocenti. E’, poi, semplicemente vergognoso che non si registrino reazioni significative di fronte a gesti di eccezionale gravità, come la sfrontata dichiarazione del Ministro degli Esteri, nonché vicepremier, Antonio Tajani, che ha affermato serenamente che Benjamin Netanyahu può venire in Italia quando vuole senza correre il rischio di essere arrestato, nonostante sulla sua testa penda un mandato di arresto per crimini contro l’umanità e crimini di guerra emesso nel novembre 2024 dalla Corte Penale Internazionale, di cui l’Italia riconosce la giurisdizione ed il cui Statuto – ironia della sorte – è stato formalizzato nel 1998 nella città di Roma. La riduzione del Diritto Internazionale a carta straccia è evidente anche nella vicenda del frettoloso rimpatrio, disposto dal governo italiano, del torturatore libico Almasri, anche qui in barba ad un mandato di arresto della CPI.

Tutto questo non può che concorrere a consolidare la presunzione del diritto all’impunità dei criminali, purché siano potenti e politicamente alleati, riconducendo all’uso della forza come sola possibilità di far valere le proprie ragioni, tanto nella politica, quanto nelle relazioni sociali. La realtà ci dice che siamo ormai molto prossimi all’imbarbarimento e solo l’ottimismo della volontà autorizza a pensare che si potrà invertire questa tendenza.


CREDITI FOTO: Flickr

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