Pubblichiamo due componimenti estratti dal volume “Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza“, pubblicato da Fazi Editore questo mese di aprile 2025, i cui proventi saranno in parte dedicati a Emergency, a sostegno delle loro attività sanitarie a Gaza. Ringraziamo l’editore per la gentile concessione. Curato dagli studiosi Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, il volume ospita contributi poetici scritti per lo più durante i mesi di nuova Nakba scatenata da Israele su Gaza e sulla Palestina tutta, contributi raccolti attraverso il web innanzitutto. Degli autori e autrici ospiti, due – Abu Nadaa, uccisa nell’ottobre 2023, di cui pubblichiamo di seguito alcuni versi, e Refaat Alarer, ucciso nel dicembre 2023, al quale è dedicata una lettera del reporter americano Chris Hedges, contenuta nel volume – non sono più tra i vivi. Gli altri, come scrivono i curatori, “sono tuttora impegnati a sopravvivere all’assedio di Gaza”. Proprio come il nostro Hamed Sbeata, l’autore delle Cronache da Gaza di Kritica.

Questi autori e autrici, come ha spiegato la scrittrice palestinese Adania Shibli, rappresentano molto spesso la voce anche di tutti gli altri e altre che negli ultimi sedici mesi, seppur lontani dalla Palestina, al riparo dalle bombe, sono rimasti ammutoliti dal genocidio, non hanno saputo trovare le parole per dire ciò che era nel loro mondo interno. A loro va, dunque, il nostro grazie più profondo.


15/10/2023, di Heba Abu Nadaa (1991-2023)

Biochimica e poetessa cresciuta a Gaza. Le sue poesie sono state tradotte in diverse lingue. Il volume raccoglie alcune memorie condivise in rete durante l’assedio su Gaza del 2023. Abu Nadaa è morta a Khan Yonus, uccisa da un bombardamento israeliano, il 20 ottobre 2023.


15/10/2023

Noi lassù costruiamo una seconda città,
medici senza pazienti né sangue,
insegnanti senza aule gremite né urla agli studenti,
nuove famiglie senza dolori né tristezza,
e giornalisti che fotografano il paradiso,
e poeti che scrivono sull’amore eterno,
tutti da Gaza, tutti.
Nel paradiso c’è una nuova Gaza che si sta formando ora, senza assedio.

Un attimo prima della morte, Dareen Tatour (1982)
Poetessa e fotografa nata a Raineh, città araba in Israele. Nella presentazione all’interno del volume, leggiamo: “Condannata più volte, è stata incarcerata per la poesia Resisti o popolo mio, resisti loro, pubblicata in rete nel 2015. La condanna per incitamento alla violenza, pronunciata dal tribunale israeliano, si è fondata sull’ambivalenza del termine arabo sahid che dal greco martys significa ‘testimone’ e ‘martire’. Basandosi sulla versione ebraica della poesia, tradotta da un poliziotto israeliano, la corte ha interpretato il termine nel senso di ‘terrorista’. Come ha fatto notare la difesa, una traduzione appropriata del testo rimanderebbe al significato più ampio di ‘colui che è caduto’ (vittima, martire). L’accusa ha poi condotto il processo – ricostruito nel dettaglio da Haaretz – cercando di negare il carattere poetico del componimento, così da poter proseguire con l’incriminazione. Le domande della procuratrice ricordano il processo a Iosif Brodskij, e il tentativo grottesco di negare il mestiere di poeta”.

Un attimo prima della morte

Rimarrò qui
Perché le ferite nella terra di Galilea
Risvegliano i sentimenti
E attraggono tutte le lettere verso di essa
Affinché possa continuare a cantare
Rimarrò
Perché cantare sulla riva di Acri è nostalgia,
Dove si posano i gabbiani
Perché l’abbraccio
Perché l’incontro
Perché tutto l’amore viene dalla brezza della patria
Perché amo ciò che è insopportabile
Rimarrò qui
E cavalcherò il frastuono dei venti tempestosi
Che non si piegano ai tiranni

Rimarrò
Perché i sentieri qui nella mia patria
Scorrono con una sofferenza simile alla mia
E malgrado il sangue versato
Mi restituiscono la sensazione della vita
Rimarrò
Perché i bambini
Qui comprendono la risposta come me
Se chiedi al bambino
Racconta, cosa sognerai stanotte?
Lui guarda a lungo il cielo
E ascolta per un’eternità il fragore dei proiettili
Risponde con tristezza
Perchné pensare a questa cosa
E potrei non vivere fino a stasera?

Perché qui non vivo a lungo
E in qualsiasi momento
Il fischio dei proiettili
Si porta via ciò che desidero e ciò che voglio
Qui potrei vivere, qui potrei morire
E con tutto questo…
Rimarrò qui
Amando la vita
Rimarrò io
Per scrivere di me e di chi soffre
Lettere di verità
Perché scrivere in guerra è una morte rapida
In essa c’è vittoria e c’è suicidio
E c’è salvezza

Scriverò
Dalle tenebre delle caverne
Forse potrò risuscitare il fiore del mattino
Perché la poesia
È come il filo delle spade
Come il tuono del cielo
Perché tutti i proiettili che hanno sparato
Per soffocare le parole
Per uccidere la nostalgia, per uccidere l’antico e il nuovo
Per il nostro annientamento
aumentano la resistenza
rafforzano la volontà

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